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Stemma

Descrizione dello stemma episcopale di S.E. Mons. Francesco Massara, Arcivescovo di Camerino – San Severino Marche e Vescovo di Fabriano – Matelica

Secondo la tradizione araldica ecclesiastica, lo stemma di un Arcivescovo è tradizionalmente composto da:

  • uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, da particolari devozioni o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
  • una croce doppia, arcivescovile (detta anche “patriarcale”) con due bracci traversi all’asta,  in oro,  posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
  • un cappello prelatizio (galero), con cordoni a venti fiocchi, pendenti, dieci per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.4), il tutto di colore verde;
  • un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.

Nel nostro caso si è scelto uno scudo di foggia sannitica frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica e una croce  patriarcale “lanceolata” in oro, con cinque gemme rosse  a simboleggiare le Cinque Piaghe di Cristo.

Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo dell’Arcivescovo Massara  

“Inquartato d’oro e d’azzurro, nel 1° quadrante si trova il pellicano con la sua pietà al naturale; nel 2° la stella d’argento; nel 3° la barca veleggiata d’oro, fluttuante su due burelle ondate d’argento; nel 4° il tralcio fiorito di nardo al naturale, posto in banda”

Il motto: MATER MEA FIDUCIA MEA

Come motto episcopale, don Francesco ha voluto adottare la tradizionale invocazione alla Madonna della Fiducia, tipica della comunità del Pontificio Seminario Romano Maggiore di Roma.

Interpretazione

L’ornamento esterno caratterizzante lo stemma di un Arcivescovo, oltre ai venti fiocchi verdi, dieci per parte ai due lati dello scudo, pendenti dal cappello, è la croce astile arcivescovile. Tale croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica appunto la dignità arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata nello stemma dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Molti studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI”, posto sulla croce al momento della Crocifissione.

Nel 1° quadrante dello scudo “inquartato” appare il pellicano che, secondo la tradizione, nutre i propri piccoli con il proprio sangue: è il Pie pellicane, simbolo cristologico ed eucaristico per eccellenza, usato dagli antichi e citato da San Tommaso d’Aquino nel celebre inno Adoro Te devote: “Pie pellicane, Iesu Domine, me immundum munda Tuo sanguine cuius una stilla salvum facere”-(Oh pio pellicano, Signore Gesù, Purifica me, immondo, col Tuo sangue, del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato). Per i cristiani, quindi, rappresenta l’estremo sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo che sulla croce immola se stesso per la salvezza dei Suoi figli. Nel 2° campeggia la stella a sette punte, diffuso simbolo mariano nell’iconografia classica, la stella matutina delle Litanie Lauretane.

In basso troviamo una barca che naviga sul mare: oltre che chiaro riferimento alle origini di Mons. Francesco, nato a Tropea, ridente cittadina affacciata sul mar Tirreno, questo simbolo vuole significare la barca di Pietro, la Chiesa, di cui l’Arcivescovo vuole continuare ad essere un semplice rematore. Il fiore di nardo è il simbolo di San Giuseppe lavoratore, il Santo che racchiude in sé la duplice funzione di padre putativo e sposo della Sacra Famiglia, figura mite della tradizione dei primi cristiani che interpreta con umiltà e dedizione il compito che gli viene affidato dalla Provvidenza.