L’Arcidiocesi
Patroni e santi
- San Venanzio martire
- San Severino vescovo
CATTEDRALE: SS. Annunziata (Camerino)
CONCATTEDRALE: Sant’Agostino (San Severino Marche)
L’ ARCIVESCOVO:
mons. Francesco Massara
arcivescovado – piazza Cavour 12 – 62032 CAMERINO -MC
telefono 0737 – 630400
DATI STATISTICI:
Superficie: 1.603 km2
Popolazione: 57.250 ab.
Parrocchie: 95
Sacerdoti: 98
Vicarie: 6
Religiosi: 237
INFORMAZIONI GENERALI:
L’Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche è stata eretta canonicamente il 30 settembre 1986 con decretodella Congregazione dei Vescovi, che stabiliva l’unificazione dell’arcidiocesi di Camerino e della diocesi di San Severino Marche.
E’ stata riconosciuta civilmente il 4 aprile 1987 con decreto del Ministero dell’Interno pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 1987.
Fa parte della Metropolia di Fermo ed è inserita nel quadro della Conferenza Episcopale Marchigiana. Confina: a nord con le diocesi di Fabriano-Matelica, Senigallia, Jesi; a est con le diocesi di Ancona-Osimo e Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treja; a sud con le diocesi di San Benedetto-Ripatransone-Montalto, Fermo, Spoleto; a ovest con le diocesi di Spoleto, Foligno, Assisi-Nocera.
Si estende nelle province di Macerata e Ancona. 34 Comuni fanno parte della circoscrizione territoriale diocesana: – In provincia di Ancona: Arcevia (fraz. Avacelli), Mergo, Serra S.Quirico; – In provincia di Macerata: Acquacanina, Apiro, Belforte del Chienti, Bolognola, Caldarola, Camerino, Camporotondo di Fiastrone, Castelraimondo, Castel S.Angelo sul Nera, Cessapalombo, Esanatoglia, Fiastra, Fiordimonte, Fiuminata, Gagliole, Gualdo di Macerata (loc. S.Maria Maddalena), Montecavallo, Muccia, Pievebovigliana, Pievetorina, Pioraco, Poggio S.Vicino, Ripe San Ginesio, San Ginesio, San Severino Marche, Sarnano, Sefro, Serrapetrona, Serravalle di Chienti, Ussita, Visso.
Descrizione storico – geografica:
Camerino
Camerino L’Arcidiocesi di Camerino: è una regione lunga e stretta chiusa da monti da ogni parte. I geografi la chiamano sinclinale camertina, gli storici “Camerino suo ducato suo stato”.
Chi la osserva intera comprende che nessuna zona delle Marche si è altrettanto offerta come naturale area di uno stato. I Sibillini, con cime tutte oltre i 2000 metri, svettano lontano a sud e saldano due parallele montuose: ad occidente monte Igno, monte Primo, monte Cucco, Catria, monte Nerone; ad oriente monte Fiungo, Letegge, fino al gruppo del S.Vicino. A nord l’occhio si dilata senza sbarramenti.
Tre corsi principali tagliano orizzontalmente l’area dal monte al mare: il fiume Chienti, il Potenza, l’Esino che dai monti di Esanatoglia scende a Matelica e poi prende verso nord-est dove delimita il territorio diocesano. Corsi più piccoli affluiscono nei primi: il Fiastrone, lo Scarsito, il Fiastra che limita la diocesi ad oriente. Popolazioni remotissime hanno lasciato tracce, soprattutto utensili di pietra, nel Camerinese.
Stazioni paleolitiche, neolitiche ed eneolitiche si ritrovano nei paesi del circondario. I camerti erano tribù umbra che valicò l’Appennino e nell’incontro con questa terra e con gli sparuti abitanti già esistenti prese l’identità di un piccolo popolo. Sono popoli eneolitici che si fondono con le infiltrazioni protostoriche.
Nel IV secolo avanti Cristo l’incontro coi romani destò il piccolo popolo a prendere coscienza di fronte a se stesso e agli altri. All’editto di Costantino i cristiani, a Camerino come ovunque, dovevano essere pochi.
Sembra logico che, in questa “regione” montana, vicina al centro della penisola attraversata dalla Flaminia che da Forum Flaminii, presso Foligno, saliva a Plestia, scendeva alla val di Chienti e che, dall’altra diramazione, da Nocera Umbra, volgeva alla valle del Potenza, gli apostoli penetrassero da Roma attraverso l’interno. Gli Atti di San Venanzio, martire camerte, accresciuti da un codicillo sull’istituzione della diocesi nel 250 quando il giovanetto cadde nella persecuzione di Decio, sono tardivi e sospetti, mentre la devozione al santo Ë antichissima e degna di rispetto.
La diocesi è documentabile dal V secolo quando il suo vescovo Geronzio intervenne con altri 47 confratelli al concilio romano di papa Ilario nel 465. La storia comparata delle diocesi esistenti lungo la Flaminia, analogie etniche e geografiche fanno supporre che Camerino avesse il vescovo stabile fin dalla prima metà del Trecento. Il territorio rimase limitato fino ai primi del VI secolo quando, con l’invasione dei Longobardi, Camerino altolevata sulla “sua regione” divenne una metropoli longobarda, prima Marca (la seconda in ordine di tempo fu Fermo e la terza Ancona: insieme, in tempi molto vicini a noi, formeranno le Marche).
Dai Goti e Longobardi furono distrutte gloriose città romane sedi certe o incerte di diocesi: Septempeda, Sentinum, Tolentino, Urbs Salvia, Pollentia, Trea, Plestia, Cingoli. I vescovi di Camerino, dietro precisa disposizione pontificia, ne assunsero il servizio pastorale. Si trattò di assistenza religiosa a poverissima gente, decaduta culturalmente e religiosamente.
Penso ai dieci vescovi, i soli che conosciamo, del primo millennio, successori di Geronzio: Bonifacio, Severo, Glorioso, Felice, Arvino, Fratello, Ansovino, Eudo, Pietro, Romualdo. Li penso missionari nel deserto, vasto più di tutte le altre concentrazioni ecclesiastiche regionali, impervio e incolto.
Su tutti emerse la figura di un santo, probabilmente longobardo, Ansovino (850-868 c.), che gli Atti, molto vicini a lui, qualificano come uomo della carità e imitatore di Cristo, ma che soprattutto emerse per un’eroica contestazione: non accettò l’episcopato fin quando Ludovico II imperatore, di cui era consigliere, non lo assicurò che non sarebbe stato costretto a impugnare le armi, secondo una pessima consuetudine del tempo.
Benché i santi restino al di sopra delle parti, è probabile che i devoti abbiano, per lo meno avessero allora, preferenze razziali: Venanzio sarebbe stato protettore dell’etnia romana e Ansovino di quella longobarda. La serie dei vescovi camerinesi, nel secondo millennio, quasi nota al completo nei suoi 76 componenti, ha profondamente inciso sulla vita cittadina e diocesana.
Quando nel secolo decimo quarto, con ritardo spiegabile per la forte presenza barbarica, fiorì il primo umanesimo, cominciò la serie degli smembramenti. Nel 1320 Giovanni XXII elevò Macerata alla dignità di diocesi e città: una parte del territorio fu detratta da Fermo e una da Camerino.
Nel 1586 Sisto V elevò a città e diocesi Tolentino (che unì al vescovo di Macerata) e San Severino Marche (era una restituzione) e compensò Camerino con alcune parrocchie spoletine. Nel 1728 Benedetto XIII elevò a città e diocesi Fabriano che pur rimaneva unita aeque principaliter a Camerino; nel 1785 Pio VI dette vescovo autonomo a Fabriano e creò città e diocesi Matelica (ancora una restituzione) che unì a Fabriano. Camerino fu compensata con due titoli: metropolitana la Cattedrale, arcivescovo il vescovo. ” un po’ buffo che quando diminuì potere e territorio crebbero i titoli. Nel 1815 Pio VII elevò a città e diocesi Treia (altra restituzione), che dapprima fu amministrata dal vescovo di Camerino, poi di San Severino, ora di Macerata.
Le tante sottrazioni subite nel tempo spiegano lo sfrangiamento territoriale di oggi, non sistemato dal piccolo ritocco del 19 marzo 1984 che affidò a Camerino alcune frange marchigiane di diocesi umbre (Visso, Ussita, Castelsantangelo sul Nera, Sefro) e fece perdere alla diocesi alcune parrocchie di frazioni religiosamente staccate dai loro centri comunali. Insieme alla spiritualità diocesana attivata da vescovi, da pievi e parrocchie, potente l’influsso benedettino sparso dalle tante abbadie ridotte ora ad una significativa presenza del romanico e del gotico, e l’influsso francescano le cui molteplici famiglie a Camerino ebbero una seconda patria. In diocesi sono sorti i Camaldolesi (1006) a Valdicastro; i Silvestrini (1230) a Monte Fano di Fabriano; i Cappuccini (1528) a Camerino; a Brogliano in territorio camerte, anche se in diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, sono sorti gli Osservanti.
Dai Benedettini e dai Francescani fiorirono molti beati che il popolo venera in altrettanti santuari. Su tutti emerge una Clarissa: Camilla Battista Da Varano (1458-1524). Ella trasferì il profondo travaglio umanistico rinascimentale nel personalissimo combattimento spirituale aperto al soprannaturale dapprima a ritmo lento, poi accelerato, dall’orazione discorsiva ai rapimenti mistici.
Le sue “Opere spirituali” sono un alto traguardo della letteratura mistica universale.
Quando in città si sviluppò la Signoria, dominata dai Da Varano per quasi tre secoli, nella piccola corte vissero intensi momenti di attività culturale. La spiritualità diocesana li fermentò quando esplosero in forme creative. Così la scuola pittorica camerinese, quelle di Fabriano e San Severino, tutte sorte in diocesi, come i grandi cicli pittorici del Maestro di Campodonico e del Cappellone di S.Nicola a Tolentino hanno temi francescani e benedettini. Mentre nasceva l’Università, la scuola scultorea camerte-vissana attingeva nella sua abbondante produzione alla fede popolare.
San Severino Marche
San Severino Marche Septempeda, municipio romano, nell’alta valle del Potenza, lungo la Flaminia, faceva parte della V regio augustea. Che fosse diocesi prima che i Goti o i Longobardi la distruggessero nel secolo VI Ë attestato dalla Vita sanctorum Severini et Victorini.
Severino è anche l’unico vescovo conosciuto dell’antica città. Composta nel VII o più probabilmente nell’ VIII secolo la vita del santo manca, come allora era normale, di ogni aggancio cronologico. La tradizione pone il santo tra il 540 e il 545, indica nell’area attigua alla Pieve al margine della zona archeologica la sede dell’antica cattedrale, riporta le date delle feste del santo: l’8 gennaio, l’8 giugno, il 30 novembre.
Il Lanzoni avanza l’ipotesi che il santo potesse essere identificato con il vescovo Severus ricordato al Concilio di Sardica intorno al 342, quindi nel IV secolo. E l’ipotesi Ë verosimile non solo perché il posto occupato da “quel Severus potrebbe convenire con il vescovo di Septempeda”, ma anche perché tra il IV e il V secolo nella Regio V esistevano almeno 15 diocesi. Come per le altre città abbattute dai Goti e dai Longobardi, nelle alte valli del Chienti e del Potenza, dagli Appennini al fiume Fiastra e al confine con la diocesi di Fermo sul colle ove sorgerà Macerata, il vescovo di Camerino provvide per incarico di Gregorio Magno all’assistenza religiosa delle povere e sparute popolazioni.
Intanto gli abitanti dell’antica Septempeda risalirono sul monte Nero ove lentamente costruirono il nuovo abitato cui dettero il nome del santo vescovo: Sanseverino. Benché gli archivi ecclesiastici sanseverinati, beneficiari anche di tante floride abbadie, conservino molti documenti pergamenacei e cartacei, una vera dovizia culturale della città e diocesi, per il millennio unitario con Camerino si possono rimarcare pochi fatti anche se molto significativi: nell’alto medioevo i vescovi esercitarono su molti castelli sanseverinati il potere temporale; costruirono chiese (documentate quelle del 944 e 1061); incrementarono la vita comune dei canonici; stimolarono il sorgere di molte abbadie.
Nell’insieme la vita religiosa altomedievale si configura come fondamento del lento rinascimento economico, culturale, giuridico, civile di una popolazione che al centro e nel territorio era stata prostrata dai barbari; e, nel basso medioevo, il sorgere della organizzazione pievana, a fianco a quella monastica, che prelude la fitta rete delle parrocchie, accompagna l’impianto dei piccoli gruppi in minuscoli e numerosi insediamenti. In città il fenomeno culturale più consistente fu rappresentato dalla vivace produzione pittorica di artisti locali ad alto livello che per tre secoli, il XV e il XVI, servirono le chiese diocesane ed ebbero molte richieste fuori.
Nel 1586 Sisto V, un marchigiano attivissimo nella concessione di benefici a vari centri della regione, concesse a Sanseverino il titolo di città e la sede episcopale. Cattedrale divenne il “duomo vecchio”, sul monte Nero, nel più intatto quartiere medioevale delle Marche, ove i fuggiaschi di Septempeda avevano ricostruito, anche con l’aiuto dei Benedettini, la propria sede, e il vescovo di Camerino Eudo, fin dal 944, aveva “cominciato a costruire dalle fondamenta una chiesa in onore della Vergine Maria e di tutte le celesti schiere”.
Quando poi, cambiate le condizioni economiche e politiche, la gente ridiscese sulla sponda del fiume Potenza, esigenze pastorali convinsero i vescovi ad elevare a cattedrale la chiesa di S.Agostino (1827), vicina alla piazza maggiore. Così al terzo assestamento urbano risponde la terza sede della cattedrale con una logica dettata dal rapporto cultuale e dalle esigenze pastorali. Dal 1967 la diocesi fu retta dall’arcivescovo di Camerino.
Le due diocesi furono unite nell’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche con decreto della Santa Sede in data 30 settembre 1986. Il territorio diocesano quando Sanseverino era autonoma era limitato al comune di Sanseverino e di Poggiosanvicino con l’aggiunta di una parrocchia del comune di Apiro (Frontale), con un abitato complessivo di 13.850 anime.
La presenza dei vescovi, di molti religiosi, uomini e donne, monaci e frati, di clero secolare sufficiente per il servizio delle 30 parrocchie quasi tutte rurali, aiutò lo sviluppo di intensa fede popolare e di tanti culti ognuno assistito da comunità religiose. Citiamo il santuario della Madonna dei Lumi sorto contemporaneamente alla diocesi: nel 1584, tra il 16 e il 17 gennaio “fu veduto scintillar per aria un gran splendore sopra il luogo della Vergine per lo spazio di un’ora”. Alcuni contadini attestarono di aver visto un gran numero di lumi venire dall’alto verso l’immagine della Madonna dipinta in un’edicola, mentre due raggi luminosi partivano dall’edicola e si elevavano su verso il cielo.
L’apparizione si ripeté molte volte sempre collegata con Loreto da dove provenivano i lumi. Onde il santuario cittadino iniziato già nel 1586. La zona rurale si costruì il proprio santuario mariano a soli due chilometri dalla città all’apertura della valle a nord che accoglie la maggior parte delle parrocchie di campagna. Anche lì esisteva l’edicola che accoglieva una Pietà, una vesperbild, come ce ne sono tante in tutte le pendici dei Sibillini. Il 22 aprile 1519 i fedeli la videro piangere.
Corse la fama del prodigio, accorsero i pellegrini da tutta la regione, si costruì il maestoso rinascimentale santuario del Glorioso, soprattutto visitato da grandi folle nella festa dell’Ascensione. L’altro santuario caro ai sanseverinati, anch’esso fuori le mura e a un paio di chilometri dalla città, ma a sud e a monte, è dedicato a S.Pacifico Divini, frate minore nato a Sanseverino nel 1653, vissuto nel finale della vita nel convento a fianco del santuario, canonizzato da Gregorio XVI nel 1839. A Sanseverino sono ancora presenti monaci e monache Benedettine, le Clarisse, varie congregazioni maschili e femminili.
Un ruolo di primo piano nella formazione giovanile esercitano le suore del Bambin Gesù, un istituto cittadino che offre agli studenti di un largo raggio un istituto magistrale e un liceo linguistico ottimamente qualificati. Colpisce nel territorio di Sanseverino la presenza di spiritualità varie e marcate, soprattutto quella benedettina e francescana, realizzate in un’anima schiettamente popolare e fuse in unica spiritualità: quella diocesana. (a cura di mons. Angelo Antonio Bittarelli).