La visita di papa Francesco

Grazie  Papa Francesco!

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«Coraggio! Àlzati, ti chiama!»

Discorso dell’Arcivescovo Francesco Massara in occasione della Visita del Santo Padre Francesco alla Chiesa di Camerino

– San Severino Marche. Camerino, 16 giugno 2019.

Santo Padre, è con immensa gioia e trepidante affetto che L’abbiamo attesa e ora, a nome di questa comunità diocesana di Camerino – San Severino Marche, Le do il più cordiale benvenuto.

La ringrazio per avere accettato il mio invito. Benvenuto tra noi, benvenuto in questo lembo di terra marchigiana, abitata da gente discreta ed operosa, accogliente ed ospitale.

Benvenuto nella nostra Diocesi, estesa come territorio, modesta nelle sue componenti ecclesiali, ma viva e in costante cammino di fede. Santo Padre, per descriverLe la realtà di questa Chiesa locale, alla quale Lei, per Grazia di Dio mi ha voluto destinare come vescovo, mi collego ad una immagine evangelica.

A causa delle devastanti scosse sismiche dell’agosto e dell’ottobre 2016, questa Chiesa ha ridestato alla mia mente la figura del cieco Bartimeo descritta nel Vangelo di Marco al capitolo 10 (46-52).

Questo brano, meditato a lungo per la sua bellezza e per il suo profondo significato simbolico, mi è parso intimamente somigliante alle circostanze e vicissitudini che questo territorio sta attraversando.

Prima del dramma, infatti, questo territorio era un luogo di luce e di colore; ricco di una storia bella ed antica, spazio di accoglienza e di libertà capace di far vedere gli autentici valori della vita. Ma un brutto giorno la cecità ossia il terremoto, ha deturpato questo territorio e lo sconforto ha intaccato il cuore dei suoi abitanti privandoli della serenità e costringendoli ai “bordi della strada”.

Negli sguardi delle persone e nei loro dolorosi racconti ho potuto scorgere storie di cecità indotta dagli eventi, uomini e donne segnati dalla dolorosa perdita di ciò che è più caro, desiderosi di rialzarsi, ma incapaci di riprendere il cammino. Il terremoto, infatti, per le sue vaste proporzioni, ha avuto un triplice effetto: ha sventrato in un attimo le case; ha strappato dal cuore della gente, con un lento ed amaro stillicidio, ogni speranza; infine, purtroppo, ha dato vita ad un ulteriore terremoto, quello delle promesse poiché, dopo il tempestivo intervento per la messa in sicurezza delle strutture danneggiate, la ricostruzione si è lasciata ingabbiare dai lacci della burocrazia, generando sentimenti di sconforto e delusione soprattutto tra le nuove generazioni che si vedono inesorabilmente derubate del loro futuro.

Ma questa Chiesa, come Bartimeo, per quanto provata, ha scelto di lottare e di non rassegnarsi. Non si è lasciata vincere dallo sconforto e dalla rassegnazione, e non ha mai smesso di gridare il suo dolore.

Santo Padre, qui oggi, non ci sono solo le macerie e la distruzione che ci circondano – ben visibili nelle gabbie che hanno messo in sicurezza questi edifici – ma una popolazione che non si abbatte, che non demorde, che ha un grande desiderio di essere protagonista di una ripresa.

Senza mai disperare, queste persone hanno continuato ad avere fede e a desiderare ardentemente ciò che più sta loro a cuore: conoscere la grazia del passaggio di Dio malgrado il buio di cui hanno fatto esperienza. In tal senso, la Sua visita Santo Padre è segno tangibile di come il Signore continua a passare attraversando le storie di chi compone questa Chiesa.

Il vangelo di Gesù dà parola a un incontro decisivo che cambia la vita e fa incontrare la luce! Dove tutto sembra irrimediabilmente perduto, proprio lì, Dio apre alla possibilità di un nuovo incontro. Un incontro di cui Lei, Santità, in forza del Suo ufficio, è il mediatore più alto e qualificato e, come il cieco del racconto, anche noi oggi, attraverso la Sua presenza e parola, ci sentiamo dire: «Coraggio! Alzati, ti chiama!».

Lei stesso, Santo Padre, oggi è qui per dare coraggio a tutti noi che, dopo il dramma del terremoto, gridiamo di dolore. La Sua presenza qui ci dice: «Abbi coraggio! Dio si accorge del tuo dolore, Dio vede, Dio ascolta». Un messaggio importante che fa eco alle parole del profeta Isaia: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Isaia 49,15).

La Sua visita alla nostra Diocesi è un invito ad alzarci, a rimetterci in piedi, a ripartire. Lei oggi offre la Sua mano per aiutare a rialzarsi chi è seduto e stanco dopo innumerevoli vicissitudini e promesse.

Infatti, il verbo utilizzato nel vangelo, è quello della risurrezione, proprio per esortare ognuno di noi con l’invito: «Risvégliati!». La Sua presenza in mezzo a noi, Santo Padre, ci invita a prendere coscienza dell’inizio di un rinnovamento, ad abbandonare la tentazione di staticità e a riprendere in mano la nostra vita con la dignità dei figli; Dio, infatti, ci salva soltanto se accettiamo di metterci in gioco facendo ognuno la nostra parte.

Caro Santo Padre, la Sua concreta vicinanza ci rammenta che Dio chiama sempre, e ciò equivale a dire che Dio ci ama, dato che ogni chiamata è un invito a rispondere all’Amore di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Una chiamata che ci rinnova, che ci mette in movimento determinando e motivando il nostro autentico cambiamento.

La Sua missione come successore di Pietro, principio e fondamento visibile dell’unità della fede e della comunione nella carità, è tutta qui: incoraggiare, confortare, risollevare, dirci che ognuno di noi è chiamato all’amore. Con la Sua presenza e missione pastorale, Lei ci avvicina a Cristo, ci fa incontrare con la Sua Parola perché il Signore è l’unico che può illuminare, dare occhi profondi che vedono oltre gli ostacoli e che contemplano il cuore di Dio e il senso della vita.

A motivo di tutto questo, questa Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche rende grazie a Dio per il dono provvidenziale che Sua Santità ha voluto benevolmente concedere con la Sua visita, per la tenerezza e la spontaneità che caratterizzano il Suo ministero apostolico e che, per noi tutti, rappresentano un segno tangibile di evangelizzazione e di vicinanza nella fede.

Santità ci sentiamo privilegiati, amati e consolati da Lei. Per questo desideriamo assicurarLe la nostra preghiera affinché, nel Signore Dio, Uno e Trino, Lei abbia la forza e la gioia di continuare a guidare la Chiesa.

Ogni Sua parola, oggi, per noi rimarrà incisa nella nostra vita personale ed ecclesiale, oltre che nella storia di questa comunità, perché la Sua vitalità è rugiada che rinvigorisce, fa germogliare, apre alla speranza di un futuro possibile. Santo Padre ancora grazie! Le saremo vicini, come figli riconoscenti verso un padre amorevole e vicino, che ha un cuore capace di compiere gesti così veri e intensi come questa visita così speciale. La portiamo nel cuore, certi che anche noi abbiamo un posto nel Suo!

Francesco Massara, Arcivescovo   

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 Omelia del Santo Padre

«Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi?», abbiamo pregato nel Salmo (8,5). Mi sono venute in mente queste parole pensando a voi.

Di fronte a quello che avete visto e sofferto, di fronte a case crollate e a edifici ridotti in macerie, viene questa domanda: che cosa è mai l’uomo? Che cos’è, se quello che innalza può crollare in un attimo? Che cos’è, se la sua speranza può finire in polvere? Che cosa è mai l’uomo? La risposta sembra arrivare dal prosieguo della frase: che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Di noi, così come siamo, con le nostre fragilità, Dio si ricorda. Nell’incertezza che avvertiamo fuori e dentro, il Signore ci dà una certezza: Egli si ricorda di noi. Si ri-corda, cioè ritorna col cuore a noi, perché Gli stiamo a cuore. E mentre quaggiù troppe cose si dimenticano in fretta, Dio non ci lascia nel dimenticatoio. Nessuno è disprezzabile ai suoi occhi, ciascuno ha per Lui un valore infinito: siamo piccoli sotto al cielo e impotenti quando la terra trema, ma per Dio siamo più preziosi di qualsiasi cosa.

Ricordo è una parola-chiave per la vita. Chiediamo la grazia di ricordare ogni giorno che non siamo dimenticati da Dio, che siamo suoi figli amati, unici e insostituibili: ricordarlo ci dà la forza di non arrenderci davanti alle contrarietà della vita. Ricordiamo quanto valiamo, di fronte alla tentazione di rattristarci e di continuare a rivangare quel peggio che sembra non aver mai fine. I ricordi brutti arrivano, anche quando non li pensiamo; però pagano male: lasciano solo malinconia e nostalgia. Ma com’è difficile liberarsi dai brutti ricordi! Vale quel detto, secondo cui fu più facile per Dio far uscire Israele dall’Egitto che l’Egitto dal cuore d’Israele. 
Per liberare il cuore dal passato che ritorna, dai ricordi negativi che tengono prigionieri, dai rimpianti che paralizzano, serve qualcuno che ci aiuti a portare i pesi che abbiamo dentro. Oggi Gesù dice proprio che di tante cose non siamo “capaci di portare il peso” (cfr Gv 16,12). E che cosa fa di fronte alla nostra debolezza? Non ci toglie i pesi, come vorremmo noi, che siamo sempre in cerca di soluzioni rapide e superficiali; no, il Signore ci dà lo Spirito Santo. Di Lui abbiamo bisogno, perché è il Consolatore, Colui cioè che non ci lascia soli sotto i pesi della vita. È Colui che trasforma la nostra memoria schiava in memoria libera, le ferite del passato in ricordi di salvezza. Compie in noi quello che ha fatto per Gesù: le sue piaghe, quelle brutte ferite scavate dal male, per la potenza dello Spirito Santo sono diventate canali di misericordia, piaghe luminose in cui risplende l’amore di Dio, un amore che rialza, che fa risorgere. Questo fa lo Spirito Santo quando Lo invitiamo nelle nostre ferite. Egli unge i brutti ricordi col balsamo della speranza, perché lo Spirito Santo è il ricostruttore della speranza.

Speranza. Di quale speranza si tratta? Non è una speranza passeggera. Le speranze terrene sono fuggevoli, hanno sempre la data di scadenza: sono fatte di ingredienti terreni, che prima o poi vanno a male. Quella dello Spirito è una speranza a lunga conservazione. Non scade, perché si basa sulla fedeltà di Dio. La speranza dello Spirito non è nemmeno ottimismo. Nasce più in profondità, riaccende in fondo al cuore la certezza di essere preziosi perché amati. Infonde la fiducia di non essere soli. È una speranza che lascia dentro pace e gioia, indipendentemente da quello che capita fuori. È una speranza che ha radici forti, che nessuna tempesta della vita può sradicare. È una speranza, dice oggi San Paolo, che «non delude» (Rm 5,5), che dà la forza di superare ogni tribolazione (cfr vv. 2-3). Quando siamo tribolati o feriti, siamo portati a “fare il nido” attorno alle nostre tristezze e alle nostre paure. Lo Spirito invece ci libera dai nostri nidi, ci fa spiccare il volo, ci dischiude il destino meraviglioso per il quale siamo nati. Lo Spirito ci nutre di speranza viva. Invitiamolo. Chiediamogli che venga in noi e si farà vicino.

Vicinanza è la terza e ultima parola che vorrei condividere con voi. Oggi celebriamo la Santissima Trinità. La Trinità non è un rompicapo teologico, ma lo splendido mistero della vicinanza di Dio. La Trinità ci dice che non abbiamo un Dio solitario lassù in cielo, distante e indifferente; no, è Padre che ci ha dato il suo Figlio, fattosi uomo come noi, e che per esserci ancora più vicino, per aiutarci a portare i pesi della vita, ci manda il suo stesso Spirito. Lui, che è Spirito, viene nel nostro spirito e così ci consola da dentro, ci porta nell’intimo la tenerezza di Dio. Con Dio i pesi della vita non restano sulle nostre spalle: lo Spirito, che nominiamo ogni volta che facciamo il segno della croce proprio mentre tocchiamo le spalle, viene a darci forza, a incoraggiarci, a sostenere i pesi. Infatti è specialista nel risuscitare, nel risollevare, nel ricostruire. Ci vuole più forza per riparare che per costruire, per ricominciare che per iniziare, per riconciliarsi che per andare d’accordo. Questa è la forza che Dio ci dà. Perciò chi si avvicina a Dio non si abbatte, va avanti: ricomincia, riprova, ricostruisce.

Cari fratelli e sorelle, sono venuto oggi per starvi vicino; sono qui a pregare con voi Dio che si ricorda di noi, perché nessuno si scordi di chi è in difficoltà. Prego il Dio della speranza, perché ciò che è instabile in terra non faccia vacillare la certezza che abbiamo dentro. Prego il Dio Vicino, perché susciti gesti concreti di prossimità. Sono passati quasi tre anni e il rischio è che, dopo il primo coinvolgimento emotivo e mediatico, l’attenzione cali e le promesse vadano a finire nel dimenticatoio, aumentando la frustrazione di chi vede il territorio spopolarsi sempre di più. Il Signore invece spinge a ricordare, riparare, ricostruire, e a farlo insieme, senza mai dimenticare chi soffre.  Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Dio che si ricorda di noi, Dio che guarisce le nostre memorie ferite ungendole di speranza, Dio che ci è vicino per risollevarci da dentro, ci aiuti a essere costruttori di bene, consolatori di cuori. Ciascuno può fare un po’ di bene, senza aspettare che siano gli altri a cominciare. Ciascuno può consolare qualcuno, senza aspettare che i suoi problemi siano risolti. Che cosa è mai l’uomo? È il tuo grande sogno, Signore, di cui ti ricordi sempre. Fa’ che anche noi ci ricordiamo di essere al mondo per dare speranza e vicinanza, perché siamo figli tuoi, «Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3). 

CAMERINO – 16.06.2019 – 10.30  Piazza Cavour  Santa Messa.

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