

Messaggio di Quaresima dell’Arcivescovo
Fin dai primi secoli dell’era cristiana, il tempo quaresimale ha rappresentato un tempo di grazia particolarmente sentito dalla comunità, associato al percorso d’iniziazione dei catecumeni, di coloro cioè che chiedono di ricevere il battesimo e, diventando cristiani, di unirsi alla vita della Chiesa. Tempo di penitenza comunitaria, di mortificazione e di sobrietà, ma anche di gioiosa letizia interiore che deriva dalla scoperta di nuove libertà personali e di sfumature di rinnovata fraternità che derivano dalla lettura più approfondita e assidua della Parola di Dio che modella la nostra quotidianità sulla grazia del Signore Gesù.
L’itinerario quaresimale si apre sempre con due eventi “fissi”, propri della liturgia delle prime due domeniche: le Tentazioni vissute da Cristo nel deserto e la sua Trasfigurazione sul monte Tabor. In questo anno liturgico B, il vangelo delle altre domeniche è tratto dall’apostolo Giovanni.
Nella terza domenica, ci viene proposta la cacciata dei mercanti dal Tempio di Gerusalemme (Gv 2,13-25); incontreremo un Gesù forte e deciso, che mosso da un amore geloso per il Padre con veemenza rivendica per Dio l’appartenenza esclusiva e non mercanteggiabile del Tempio. Esso è il luogo sacro, memoria dell’Alleanza tra Lui e il Suo Popolo, luogo all’interno del quale si coltiva la promessa di un Dio salvatore d’Israele e dell’umanità. Gesù attua una “rettificazione” esteriore che richiama la necessaria purificazione interiore da tutte le falsità, le doppiezze, gli egoismi che ostacolano il cammino del ritorno a Dio. Papa Francesco, nel suo messaggio quaresimale, parla di “incantatori di serpenti” e di “ciarlatani che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, rimedi che si rivelano però completamente inefficaci”. Gesù, invece, afferma: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (v. 19) per evocare la sua risurrezione e prepararci gradualmente a vivere il Suo mistero pasquale.
Con la quarta domenica, detta lætare, il colore viola della penitenza si schiarisce in rosaceo violaceo perché la liturgia anticipa la gioia dell’annuncio pasquale: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Se gran parte dell’umanità preferisce le tenebre di una esistenza “scarsa”, vissuta al minimo, il vero artefice della salvezza è Gesù che, con il dono della sua morte e risurrezione, innalza ognuno di noi insieme a Lui, per portarci con Sé in salvo nella pienezza della vita per sempre.
Infine, leggeremo la domanda di alcuni Greci al discepolo Filippo «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21), che richiama la domanda dei primi discepoli dopo aver conosciuto Gesù: «Maestro, dove abiti?» (Gv 1,38). La richiesta dell’incontro con Gesù lascia intendere non solo il fascino straordinario emanato dalla sua Persona, dalle sue parole e dai gesti compiuti, ma provoca e apre all’importante discorso proiettato verso il dono totale di sé: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Con la sua obbedienza al Padre, Gesù accetta di morire in croce e, come seme fecondo, si innalzerà dalla terra verso il cielo con la forza vivificante della vittoria sul peccato e sulla morte. E noi, che nel battesimo abbiamo ricevuto questo “seme” d’eternità, sperimentiamo ogni giorno la partecipazione alla sua vita e la capacità di vivere un riflesso di quell’Amore infinito che si chiama carità.

I recenti fatti che hanno così violentemente e profondamente ferito la nostra Comunità provinciale, purtroppo, sono un riverbero dell’impoverimento morale, culturale e sociale che si va impadronendo di tanti cuori e che colpisce particolarmente coloro che sono più deboli perché non sanno trovare nella propria coscienza i valori civici e comportamentali che caratterizzano la tradizione del nostro popolo e del nostro territorio. Le sfide alle quali ora questa nostra società è chiamata a rispondere esigono un di più di corresponsabilità e un maggiore impegno nel ridare speranza e fiducia a tutti. I nostri giovani hanno bisogno di esempi seri, gioiosi e coerenti.
Inoltre, la situazione del terremoto che ci troviamo a fronteggiare esige forza e coraggio da parte di tutti, ma in modo ancor più credibile e incoraggiante da parte di tutte le Autorità. La congiuntura elettorale non sia un alibi per nessuno.
L’appello a vivere nella dimensione della carità, proposto dalla Quaresima, significa condividere, ricostruire, aver cura dei nostri giovani e dei deboli, intensificare lo spirito di comprensione mediante la preghiera. Questo tempo in preparazione alla Pasqua diventi occasione propizia per non accontentarci dell’ordine in cui viviamo, mettiamo in dubbio il nostro quieto vivere, guardiamo con fiducia e coraggio a Gesù Cristo che cambia i cuori. Egli è venuto per rendere più abbondante e autentica la vita di tutti, soprattutto a favore di coloro che sono in difficoltà. E ce ne sono tanti anche tra noi.
Buon cammino verso la Pasqua dal Vostro arcivescovo,
don+Francesco Giovanni

La benedizione che la liturgia invoca sui Fedeli e sull’Umanità nel primo giorno del 2018 è l’auspicio più bello e buono che possiamo augurarci: “Ti benedica il Signore e Ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Nm 6,22-27). L’invito è non solo ad aver fiducia in Dio, ma siamo sollecitati a mettere di fronte a Lui le fatiche dell’anno trascorso, le illusioni sfumate e le inadempienze personali e collettive, il futuro per il quale tutti dobbiamo impegnarci per doverosa giustizia e in spirito di fraternità.
Dal 1967, il beato Paolo VI volle dedicare il primo giorno dell’anno alla preghiera per la pace. Sappiamo che il Signore Gesù è il ‘principe della pace’, è Lui che la radica nel cuore dell’uomo, così come annunciato dagli Angeli a Betlemme. La pace è il valore che umanizza la crescita culturale, economica, sociale e politica dei popoli e delle nazioni.
Il Papa, affidandoci la strenna “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”, ci raccomanda di avere uno sguardo contemplativo; secondo la sapienza della fede cristiana tutti facciamo parte di una sola famiglia. Questa consapevolezza però deve far nascere un impegno concreto in tutti noi per garantire sicurezza e accoglienza dignitosa.
Anche quest’anno avremo da condividere tra noi la prova del terremoto con le fatiche e le privazioni che ha generato. Ci sono segni di rilancio, varie opere pubbliche permettono a famiglie sempre più numerose di ritornare nei nostri Paesi, si riprende a lavorare, le attività scolastiche dei nostri ragazzi sono un segno di ripresa e un invito ad aver fiducia.
Cerchiamo tutti di sviluppare un sentimento comune di collaborazione, ciascuno metta del suo nel positivo che si va costruendo, una solidarietà nel futuro buono e per tutti rende più facile affrontare le difficoltà, adottare i correttivi necessari, stimolare accelerazioni e tempestività, bloccare operazioni o manovre corrosive.
Il Signore, che ci concederà il 2018, ci chiede di darci fiducia e credito reciprocamente, perché nel dialogo e nella condivisone delle responsabilità maturiamo la cura generosa verso tutti, particolarmente nei riguardi di coloro, concittadini o meno, che sono in condizioni di debolezza o necessità.
A tutti ogni bene dall’Alto,
+Francesco Giovanni, arc.
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INVITO ALLA 3 GIORNI DIOCESANA
